Trieste - Rione di San Vito da Scala James Joyce a Via Tigor e dintorni

San Vito è un quartiere della città di Trieste. Posto su un colle nella parte centrale della città; è zona residenziale di pregio. Abitato già nella preistoria il colle prese il nome di Colle di San Lorenzo, da una piccola chiesa dedicata a tale santo e posta nella parte alta dell'attuale Via San Michele. Sino al seicento la collina era lasciata a pascolo, in cui si ergevano alcuni tuguri (detti tigoièr) da cui deriva il nome di una delle vie del rione, Via Tigor. Sorse quindi sulla sommità dell'altura un'altra chiesetta dedicata a San Vito, nome che venne dato anche ad un fortino quadrato realizzato nei pressi nel 1616. Nel 1627, 1733 e 1833 questo venne in più riprese rafforzato e trasformato in un castello meglio munito detto della Sanza, dal tedesco Schanze=Forte. Il forte venne demolito nel 1888-1891, ed oggi non ne resta alcuna traccia. Nella seconda metà del 1900 per alcuni decenni vennero custoditi sulla cima del colle i mezzi pesanti della collezione del Museo di guerra per la pace di Diego de Enriquez (Trieste, 1909-1974). Lo sviluppo edilizio notevole si ebbe tra il 1700 e il 1800 quando il colle divenne meta di soggiorno per la colonia di possidenti britannici presenti in città. Nel rione sono presenti diverse aree verdi, tra le quali il Piazzale Rosmini, Piazza Carlo Alberto ed il Passeggio Sant'Andrea. (Wikipedia)

Scala James Joyce tra Via Donato Bramante e Via Gian Battista Tiepolo. Al 2° piano della casa al numero 4, dall’ottobre 1913 alla fine di maggio del 1915 abitò lo scrittore James Joyce con la moglie Nora Barnacle e i figli Giorgio e Lucia.
Sotto le case che danno su Scala Joyce, nel 1908, durante gli scavi, furono trovati i resti di due pozzi, di mura dipinte e pavimenti in arenaria, granai con macine a mano, forni per la cottura, cantine e banchi di vendita. Tutto risalente ai primi due secoli dell’Impero romano. Si suppone che appartenessero ad una struttura in cui si approvvigionavano i legionari prima di intraprendere il lungo viaggio sulla strada che dal colle di San Giusto portava in Istria (fonte: Prof. Silvio Rutteri - 1895/1982)

Il castello e il castelletto Basevi in Via Gian Battista Tiepolo, rappresentano un pittoresco esempio di villa padronale dell'Ottocento in stile eclettico, costruita ad imitazione di un castello medioevale con elementi architettonici gotici e tardo barocchi.
Nel 1893 la famiglia Basevi divenne proprietaria dell'area su cui sorgeva la villa dei Pontini e il vasto bosco circostante. Il complesso fu realizzato nel 1895-96 su progetto dell'ingegnere Eugenio Geiringer, trasformando e ampliando delle costruzioni preesistenti di fine Settecento.
Il primo proprietario era Giuseppe Basevi, da cui prese il nome l'immobile, in seguito passò agli eredi. Nel 1925 risultava di proprietà di Frida Panfili e, nel 1941, di Enrico Ferluga.
Dal 1949 è la sede dell'Osservatorio Astronomico di Trieste e all'interno sono ospitati gli uffici e il laboratori del centro più locali abitativi per il personale.
Nel 1944 gli edifici furono bombardati e in seguito recuperati tra il 1947 e il 1952.
(da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

«L’origine dell’Osservatorio Astronomico di Trieste risale alla fondazione della Scuola Nautica voluta in questa città dall’imperatrice d’Austria Maria Teresa nel 1753. Affidata al locale Collegio dei Gesuiti, operò per quasi un secolo nella sede del Collegio presso la Chiesa di Santa Maria Maggiore. Nel 1865 fu posta al servizio della Marina da Guerra Austro-Ungarica e trasferita a Pola, mentre la struttura triestina veniva convertita ad uso civile nel 1866 quale Osservatorio Marittimo Statale dedicato al servizio della Marina Mercantile dell’impero. Nel 1876 vi si aggiunse l’Osservatorio Meteorologico e la sede fu spostata presso l’Accademia del Commercio e della Nautica di Trieste. Nel 1898 le strutture dell’Osservatorio, reso autonomo quale Imperial Regio Osservatorio astronomico e meteorologico dell’imperial Regio Ministero per il Culto e l’istruzione di Vienna, vennero spostate nel cosiddetto Castello Basevi, dove si trova tuttora la sua sede principale. Nello stesso anno l’Osservatorio fu dotato di una Sezione Sismica. Nel 1906 l’istituzione passò alle dipendenze dell’Imperial Regio Governo Marittimo di Trieste ed assunse il nome di Imperial Regio Osservatorio Marittimo di Trieste. Con il crollo dell’impero Austro-Ungarico, nel 1919 Trieste fu annessa all’Italia e l’Osservatorio Astronomico fu staccato dalle Sezioni Meteorologica e Sismica, chiudendo così la prima fase della vita dell’istituzione. La nascita dell’Osservatorio Astronomico di Trieste quale struttura scientifica dedicata all’Astronomia risale di fatto al 1919, con la nomina a direttore di ruolo di Luigi Carnera. Nel 1923 l’istituzione fu inserita nel ruolo degli Osservatori Astronomici Regi d’Italia e venne ufficialmente inaugurata nel 1925». (da: gcesare.provincia.venezia.it)


Via Giovanni Segantini 7 - Palazzina del X° anno dell' E.F. Progetto dell'architetto ing. Beniamino Battigelli - Il bassorilievo sulla facciata è opera dello scultore triestino Marcello Mascherini.

Sopra e sotto: Casa Fonda del 1912 tra Via dei Navali e Via Giovanni Segantini dell'architetto Umberto Fonda

Sopra e a destra: Casa Fonda del 1912 tra Via dei Navali e Via Giovanni Segantini dell'architetto Umberto Fonda


Casa Liberty del 1912 tra Via della Galleria e Via Fulvio Testi

Palazzo tra Via della Galleria e Via Fulvio Testi

Casa Liberty in Via Fulvio Testi
Via Riccardo Bazzoni
Via Riccardo Bazzoni 4 - La villa ottocentesca nota come "La casa del Diavolo"
Curiosità: A Trieste "a casa del diavolo" è un'espressione che sta per "fuori mano" o anche " in quinta malora". In verità nei racconti popolari molte sono le “case del diavolo”, sparse per tutta la città, in quasi tutti i rioni. Una delle più conosciute era ubicata alla fine della Salita Promontorio, tanto che in alcune vecchie carte topografiche la zona popolata da pochi edifici era ben indicata come la “Casa del Diavolo”. In verità questa definizione deriva dal fatto che l’allora zona di Sant'Andrea era poco popolata con case e rare ville sparse tra le campagne (una volta l'area era chiamata Chiarbola Inferiore, da latino calvula : spoglia, disabitata, ecc.). Alcune di queste venivano nel tempo abbandonate e cadevano in rovina… per cui soprattutto di notte, con l’oscurità, nelle giornate ventose si sentivano strani rumori come cigolii, urla, tonfi, ecc. dovuti perlopiù all'effetto del vento, ma che il popolo suggestionato attribuiva ai fantasmi o peggio ancora al diavolo, tenendosi a dovuta distanza e fomentando i più disparati pettegolezzi. Altre dicerie pensavano che alcuni falsari, che coniavano finti talleri di Maria Teresa, creassero volutamente queste apparizioni per tener lontani i curiosi, altri ancora giustificavano tutto semplicemente per la presenza di barboni che di notte si aggiravano in queste vecchie case, oppure ancora dei ratti, vulgo pantigane, o gatti che si aggiravano famelici tra le rovine. (Fonte: Dino Cafagna)
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Villa Gossleth-Economo in Largo del Promontorio 1
L'immobile sorge sull'area occupata in origine dai terreni di proprietà "dei Santi Martiri". Tra Sette e Ottocento la zona viene interessata da investimenti fondiari dei ricchi commercianti anche stranieri stabilitisi a Trieste, tra cui emergono i nomi di Antonio Strohlendof, committente della vicina Villa Necker, e Heim Camondo per Villa Segrè Sartorio.
L'area che discende dal colle di San Vito è protagonista di uno sviluppo edilizio suburbano agli inizi dell'Ottocento, periodo in cui si assiste alla realizzazione di numerose villette e giardini immersi nella tranquillità e che discendono fino al mare. L'edificio in esame viene costruito in mezzo ad un vasto giardino nel 1817 per volere del commerciante inglese George Hepburn; l'uomo d'affari, impegnato nel commercio del mercurio d'Idria e della foglia di tabacco, è ricordato per i suoi gusti raffinati e la solida cultura che lo portano a frequentare le famiglie più in vista della società del tempo. Il progetto della villa è firmato dall'architetto udinese Valentino Presani, direttore del Dipartimento Tecnico di Trieste negli anni Quaranta, che interviene sull'edificio nel 1839 con l'aggiunta dell'avancorpo centrale esterno. Il secondo intervento viene commissionato dal secondo proprietario del'edificio, il negoziante ungherese Francesco Gossleth, capo di un a fabbrica di polvere da sparo. Il palazzo in seguito passa in eredità alla famiglia de Seppe, per essere acquistata successivamente dal barone Leo Economo, da cui deriva il nome attuale della villa. Rispetto al disegno originale la struttura presenta alcune varianti, apportate agli inizi del Novecento dall'ingegnere Rupolo e l'ingegnere Tonies coadiuvato dal conte veneziano Alberto Sanfermo per la ristrutturazione della parte statica dell'edificio. Interventi di tipo decorativo sono ascrivibili al pittore Mainella, alla pittrice viennese de Breuning e a quattro artisti triestini, Fragiacomo, Scomparini, Lonza e Taddio. Il palazzo è stato frequentato da illustri personaggi tra cui si segnala il console Richard Francio Burton con la moglie Isabel Arundell. Tra gli anni Sessanta e Settanta l'immobile è stato interessato da ampliamenti e rifacimenti, risparmiando solamente l'avancorpo centrale e l'atrio d'ingresso lotizzando invece il vasto parco. Attualmente l'edificio è stato inserito in un complesso condominiale, ma mantiene inalterato il prospetto originario su Largo Promontorio. . (da:biblioteche.comune.trieste.it)
All’interno della villa, nel 1898, venne posta una lapide con iscrizione dettata da d. P. Tomasin: / SETTEMBRE MDCCCL / NELL’ANNO VII DI SUA EREZIONE / OSPITAVA PLAUDENTE IN QUESTA CASA / FRANCESCO CAVALIERE DE GOSSLETH / I SERENISSIMI ARCIDUCHI / FRANCESCO CARLO – SOFIA / E I LORO FIGLI / CARLO LODOVICO – LODOVICO VITTORE / GENITORI FRATELLI / DELLA M.I.R.Ap . / FRANCESCO GIUSEPPE I / IMPERATORE D’AUSTRIA.
Richard Francis Burton (1821-1890) fu un noto scienziato, scrittore, linguista ed esploratore britannico che, alla ricerca delle sorgenti del Nilo, aveva scoperto nel 1858 il lago Tanganica. Ebbe nel 1872 la carica di console britannico a Trieste, carica che mantenne fino alla sua morte. Appena arrivati a Trieste, i coniugi Burton passarono i primi mesi all'Hotel de la Ville, siste­mandosi poi in un grande appartamento nel palazzo Panfili. Spesso soggiornavano all'Albergo Daneu a Opicina (Albergo Obelisco), dove il Burton tradusse dall'arabo “Le mille e una notte” e il “Kama Sutra”; concluse la sua esistenza (morì d’infarto) nella Villa Economo di largo Promontorio. Le sue spoglie sono conservate in un incredibile mausoleo, situato in un piccolo cimitero alla periferia di Londra, eretto in tempo per il suo funerale, che contiene anche le spoglie di sua moglie Isabel, Lady Burton (1831-1896). Esso ha l’originalissima forma di una tenda beduina in pietra e fu disegnata e fatta costruire in prima persona da Lady Isabel. (Fonte: Dino Cafagna)
Largo del Promontorio si trova al termine di salita al Promontorio. Quando nel corso del violento temporale avvenuto il 9 luglio 1690 un fulmine provocò l’esplosione della santabarbara al castello di San Giusto, provocando ingentissimi danni a tutta l’area, compresa la cattedrale di San Giusto, fu deciso, in modo tassativo, di usare, per tutta la città, la Sanza (o forte di San Vito) come polveriera, perché ben controllata, molto isolata (era vietatissimo costruire delle abitazioni nelle vicinanze delle fortezze), circondata da profondi fossati e dotata di numerosi cannoni. Nel ‘700 c'era un unico lazzaretto situato in campo Marzio (il lazzaretto di San Carlo, adibito anche ad arsenale per l'artiglieria) e qualsiasi nave che arrivava in porto doveva scaricare tutto il materiale, compreso, per la loro pericolosità, i barili di polvere da sparo per le artiglierie di bordo. Alla fine del Settecento, con le armate francesi alle porte di Trieste, divenne urgente realizzare una nuova via di collegamento diretto dal molo di Santa Teresa e dal lazzaretto fino al forte di San Vito, per consentire il rapido trasporto, a dorso di mulo, delle munizioni. Fu così che venne realizzata la diritta ma ripidissima “Salita al Promontorio”, che inizialmente, per questi motivi, dalla gente del luogo venne scherzosamente chiamata il "polverodotto". (Fonte: Dino Cafagna)
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Sopra: La casa delle “lire”. Il noto musicista veneziano Antonio Toresella, direttore d'orchestra e poi maestro del coro del teatro Comunale di Trieste, costruì, nel 1854, la sua casa d’abitazione, in via Franca 1, alla fine di Salita al Promontorio, abbellendo tutte le inferriate delle finestre con il caratteristico disegno della lira, lo strumento musicale che vuole rappresentare la Musa della musica, di cui egli fu appassionato e fortunato cultore. Alla nascita della figlia volle porre, sul portone d’ingresso della casa, le sue iniziali ”F.T.”, Fanny Elena Costantina Torresella, soprano lirico (1856-1914), che partendo, sotto la guida del padre, dalle prime esibizioni al teatro Verdi di Trieste, si esibì poi in tutti i più importanti teatri del mondo. (Fonte: Dino Cafagna)

Sopra Viale Terza Armata e sotto Via Tigor
Via Tigor: (da via della Madonna del Mare a vicolo dei Calafai e vicolo delle Ville), Tigor è voce istriana che significa capanna, casupola rurale, comune in terreno incolto ad uso di pascolo la via è stata famosa soprattutto perche vi sorgevano le carceri, nel 1848 il comune a tale scopo acquistò lo stabile di via Tigor destinandolo a Imperial Regia Csa degli arresti per gli uomini, dal 1856 Arresti Civici Temporanei; dal 1931 Carcere Militare, carcere del GMA; oggi tale edificio è sede dei locali comunali per la Nettezza Urbana - Nella casa nacque il poeta Adolfo Leghissa poiché il padre era cuoco nelle carceri.
Villa Lazarovich in Via Tigor, 23: L'edificio sorge sul sito in origine occupato da campi e pascoli, da cui deriva il nome stesso della via, Tigor, che nel vocabolario locale indica un "terreno elevato ed incolto" (Generini, 1968, p. 325). Tra Sette e Ottocento la zona viene interessata da investimenti fondiari dei ricchi commercianti anche stranieri stabilitisi a Trieste, tra cui emergono i nomi di Antonio Strohlendof, committente della vicina Villa Necker, di Gorge Hepburn per Villa Economo e di Valerio Rizzoli per l'edificio in Viale Terza Armata. L'area che discende dal colle di San Vito è protagonista di uno sviluppo edilizio suburbano agli inizi dell'Ottocento, periodo in cui si assiste alla realizzazione di numerose villette e giardini immersi nella tranquillità e che discendono fino al mare.
La villa viene costruita nel 1820 per volere di Cesare Abramo de Cassis Faraone, figlio di un fratello del conte Antonio. In origine la struttura viene concepita come una modesta casa di campagna a un piano con corpo centrale rialzato e coronato da timpano. Negli anni Cinquanta, quando la villa passa di proprietà alla famiglia Lazarovich, la struttura viene alzata di un piano con aggiunta di una sala con terrazza; su progetto dell'architetto Giuseppe Greco Mayer, inoltre, vengono apportate alcune modifiche tra cui l'aggiunta della torretta semicircolare e della loggia. Tra il 1851 ed il 1857 la villa viene utilizzata come residenza dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo; all'Ufficio Tavolare si conserva il contratto di affittanza tra il Lazarovich e l'arciduca per la villa registrata con il numero 1338. A Massimiliano d' Asburgo si deve la creazione del grande parco circostante la villa, che viene adornato di piante rare, di un giardino zoologico, con animali esotici portati dai suoi viaggi. Durante il soggiorno dell'arciduca il parco viene aperto al pubblico nei pomeriggi della domenica e del mercoledì e la villa viene utilizzata per ricevere illustri personaggi; il 10 agosto 1857, infatti, viene presentata al clero, alle autorità civili e militari e al ceto mercantile di Trieste la figlia del re del Belgio, Carlotta, neosposa di Massimiliano. Nel 1863 gli eredi Lazarovich ottengono l'approvazione per l'ampliamento della facciata sulla strada principale, con la trasformazione della terrazza sopra la sala in veranda coperta. Alla fine dell'Ottocento l'edificio risulta a nome di Francesco Lauro, proprietario dal 1879, per passare nel 1903 a Leopoldo Vianello. Nel 1911 Ruggero Berlam viene chiamato per attuare il progetto della grande vetrata su via Tigor, della veranda rivolta verso il giardino e della terrazza all'ultimo piano, attuando anche la sistemazione di alcune sale interne e del portale d'ingresso in ferro battuto. Durante gli anni Trenta-Quaranta del Novecento la dimora viene abitata dallo storico Pierantonio Quarantotto Gambini, al quale si deve nel 1962 l'appello contro la demolizione della villa. L'evento favorisce l'imposizione del vincolo, prima a tutto l'edificio, in seguito limitato alla sola facciata, accogliendo in parte il ricorso presentato dai proprietari in data 12 settembre 1962. (da:http://biblioteche.comune.trieste.it)

Sopra e a sinistra:
Via Tigor 24 angolo Via Don Giovanni Minzoni - Ex collegio delle Dame di Sion,
L'edificio fu fatto costruire nel 1889 su progetto dell'architetto francese Jean Laboroy, espressamente per la congregazione delle suore di Notre Dame de Sion, giunte a Trieste nel 1881. Fu il primo edificio a Trieste dove si installò un impianto di riscaldamento centralizzato come d'uso in Francia.
Dal 1970 è sede universitaria del Dipartimento di Studi Umanistici.


Via Tigor 19 - (1914) dell'architetto Cesare Romano Fanna,
Fu l'abitazione del musicista Cesare Barison.

Via Tigor 25 - proprietà Lauro, architetto Edoardo Turek, in stile lombardesco, durante la proprietà Vianello (1903-1924) la casa prese l'aspetto attuale ad opera degli architetti Ruggero ed Arduino Berlam (torretta e cancellata), altri proprietari: Leone Spier e Mario Manconi

Via Tigor 9
Sopra e a sinistra:
Via Tigor 11 - Casa del 1910 - progetto dell'architetto Nicolò Drioli

La casa detta DEI MSDVHERONI

Sopra e a sinistra:
Via Tigor 12 - Casa Mosco costruitta tra el 1907 e 1908, opera dell'architetto Giovanni Maria Mosco. E' dotata di artistico cancello, con facciata ornata da mascheroni, galleria nell'ingresso con statue rappresentanti le stagioni, affreschi di Romano Buda, nel giardino si trova un gruppo scultoreo rappressentante due bambini ed un S. Antonio dentro una nicchia, facenti parte di costruzioni precedenti

La casa appare nel film " Senilita' con Claudia Cardinale e Antony Franciosa.


Chiesa di Notre Dame de Sion in Via Don Minzoni, progettata dall’architetto francese Laborey e benedetta nel 1899, apparteneva all’Istituto delle Suore di Nostra Signora di Sion presenti a Trieste dal 1883
NOTRE DAME DE SION: La presenza della congregazione di Notre Dame de Sion a Trieste risale ala fine dell'Ottocento, quando numerose famiglie della borghesia austriaca manifestano il desiderio di avere in città una casa di Sion per garantire alle loro figlie un'educazione adeguata, lamentando l'esistenza a Trieste di un unico ginnasio promiscuo. Promotori dell'iniziativa sono la baronessa Spaun, moglie del console inglese in città che conosce già la casa di Gerusalemme, e il barone August de Alber Glanstätten, esponente locale della borghesia e già presidente del governo centrale marittimo di Trieste.

Ma per rendere operativo questo progetto si deve ottenere l'autorizzazione dell'imperatore dal momento che la congregazione, istituita appena nel 1846 in Francia, non conta ancora nessuna casa nell'impero asburgico. Inoltre a complicare ulteriormente la questione concorre il fatto che bisogna anche aspettare il nulla osta da parte dell'Ordinamento diocesano e della Sacra Congregazione «De propaganda fide» da cui dipende la casa madre. Ottenuta l'autorizzazione dalla Sacra Congregazione e dopo esser state ricevute dall'imperatore, le prime religiose giungono in città il 26 luglio 1883, nonostante le pratiche burocratiche siano ancora da perfezionare. Decisamente altri tempi, sotto questo profilo... Come prima ubicazione, le suore vengono provvisoriamente sistemate sul colle di San Vito e più precisamente a villa Omero Vianello, situata in una posizione che permette di ammirare tutto il golfo. La costruzione canonica dell'Istituto di Trieste risale al 24 ottobre 1883 e già il 3 dicembre dello stesso anno è possibile inaugurare la scuola; l'anno successivo la congregazione acquista nella stessa area un terreno destinato ad ospitare la chiesa e le relative opere parrocchiali. Nel 1886 viene inaugurata la sede progettata dell'architetto Righetti: qui viene allestita anche una cappella, in attesa che venga completata la costruzione dell'edificio sacro. Il tempio, progettato dall'architetto francese Laborey e ultimato probabilmente nel 1899, si presenta in stile neogotico su una pianta a croce latina, con una soluzione di una certa armoniosità. Nel 1970 la congregazione delle Suore di Nostra Signora di Sion lascia Trieste; l'immobile viene ceduto alla chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Soccorso e nel 1980 viene inclusa nella parrocchia della Madonna della Provvidenza, istituita nel 1958. Il 23 marzo 1980 è stata istituita a Rettoria e consacrata dal vescovo Bellomi. È stato in quell'occasione che nell'intitolazione è stato aggiunto come compatrono Sant'Ambrogio. (Fonte: Andrea Di Matteo)

A sinistra: Villa Pia, costruita nel 1892, fu trasformata nel 1912 in un castelletto di gusto tardo-romantico. La villa, attualmente con ingresso da via Bellosguardo 46, ospitò nel 1895 un eccezionale astrofilo, conosciuto nel mondo intero: Giovanni Nepomuceno Krieger: durante i sette anni del suo soggiorno triestino lo studioso si occupò in particolare di studi sulla luna, facendo costruire sulla torretta d'una villa, tuttora esistente, alla sommità di via Alice (ora don Minzoni), un osservatorio astronomico che egli battezzò Pia-Sternwarte = Pia-osservatorio, usualmente conosciuta come villa Pia , detta così dal nome della moglie del Krieger. Egli continuò ad osservare e a disegnare mappe della superficie lunare per tutto l'anno seguente, ma poi, per le compromesse condizioni di salute, dovette cercare un clima meno ventoso di quello di Trieste. Il proposito dello studioso era quello di raccogliere le mappe della intera superficie lunare, un'opera immane che poté soltanto in parte realizzare. L'osservatorio fu demolito nel 1901, col passaggio di proprietà.

Via Tigor (tra via Bellosguardo e don Minzoni): il castelletto fu acquistato dalla famiglia Hirn, tramutata poi in Irneri, quella degli assicuratori. Risulterebbe che nel salone di rappresentanza si trova un'inestimabile collezioni di armi antiche che la figlia di Giorgio, Donata Hauser avrebbe voluto donare al Comune di Trieste che ha rifiutato, sigh… (Fonte: G.Amstici)

Via Madonizza Antonio 4 - Sede del Cinema Alcione

A sinistra; Vie dei Giustinelli n.1. È il cosiddetto "monastero", e fa parte della lottizzazione dell'area dovuta all'iniziativa dell'armeno Aidinian (non per caso la ex chiesa dei mechitaristi armeni si trova proprio in via Giustinelli). Il progetto è di Ruggero Berlam e l'edificio fu costruito tra il 1903 e il 1905. (da: Trieste di ieri e di oggi)

La comunità armena triestina visse, tra settecento e ottocento, una crescita travagliata che non le impedì tuttavia di lasciare un’imponente eredità linguistica e architettonica alla città, seppure con una minore impronta rispetto ai “fratelli” greci e serbo-ortodossi. Quando i padri mechitaristi armeni ritornarono a Trieste nel 1817 la chiesa, così come i paralleli edifici di servizio, vennero collocati in una zona che andava dai Santi Martiri a Via Tigor, approssimativamente su un versante del colle di San Vito. Tutt’oggi il Ministero della Cultura del Friuli Venezia Giulia, attraverso la Soprintendenza, scrive di un “colle armeno“, riferendosi alla tutela di un edificio d’inizio novecento nell’area. L’identità armena ricevette poi il suo simbolico suggello a inizio novecento, quando sul colle vennero costruiti cinque grandi edifici residenziali, destinati alla bassa borghesia, ad opera di un commerciante di tappeti, Haggi Giorgio Aidinian.

Nato a Smirne nel 1844, Aidnian si trasferì a Trieste nel 1880, aprendo un negozio di tappeti orientali. Sposato con la concittadina Nuvia Sivrian, Haggi Giorgio ebbe ben sette figli tra i quali il più noto fu Pasquale che spostò l’attività di vendita dei tappeti nel nuovo palazzo Dreher (oggi Borsa Nuova) in via Cassa di Risparmio. Tra il 1905 e il 1909 Aidinian scelse di costruire, su progetto dell’architetto triestino Ruggero Berlam, cinque case d’abitazione in una zona compresa tra via Tigor, via Giustinelli, via Benedetto Marcello e via Gaspara Stampa. Si trattava di fondi appartenenti ai padri mechitaristi; ma Haggi Giorgio aveva in realtà un legame di parentela con l’Abate del monastero mechitarista viennese, Padre Arsen Aydenian (1886-1902), e pertanto non fu difficile convincere i monaci a cedere i terreni. La prima casa fu costruita in via Giustinelli 3, tra il 1902 e il 1903, dietro progetto di Aidinian e di un sacerdote mechitarista che era responsabile delle finanze della Congregazione. Berlam si limitò in quest’occasione a progettare le facciate con un gusto prettamente cinquecentesco. La parte rivolta al mare presentava un corpo rialzato sopra quello principale, descritto come “una sorta di torretta”, con una bifora e due leoni alati. La seconda casa Aidnian venne invece costruita tra via Giustinelli 2 e 4 e via Tigor 9, nel giugno 1903; si trattava di un edificio realizzato da Berlam con “un asettico classicismo, ingentilito da fasce policrome“. Qui vissero per un periodo due dei figli di Aidinian, rispettivamente Maria e Giovanni Haggi, ciascuno con le famiglie e i servitori.
Nel 1904 Berlam disegnò invece i progetti per altre case armene, rispettivamente in via Benedetto Marcello 2 e 4 e in via Giustinelli 1. Nei primi due casi si tratta di edifici pressoché identici, che sembrano diversi solo perchè presenti su un terreno inclinato. Si trattava di edifici residenziali di cinque piani che Berlam arricchì con tanti particolari medievaleggianti: archetti pensili, finestre centinate a monofora o bifora, colonnine su mensole a mascherone. L’apparato decorativo fu opera rispettivamente del figlio Arduino e del pittore Pietro Lucano (1878-1972).
Per l’ultima casa (quella della foto) Berlam ritornò nel dicembre 1904 all’idea originaria, progettando in via Giustinelli 1 un massiccio edificio turrito di cinque piani con uno stile cinquecentesco. Tra i cinque manufatti è forse l’edificio maggiormente conosciuto, perchè si eleva dal terreno come una fortezza rinascimentale, con quattro torri angolari. Il figlio Pasquale vi aggiunse un muro di sostegno nel 1915 e un garage tra il 1926 e 1928, tutt’oggi esistenti. È una grandissima ironia, considerando come il committente fosse un armeno triestino proveniente da Smirne, che il gruppo di edifici venisse considerato “il fortilizio dell’architettura italica a Trieste” contrapposto coi suoi motivi rinascimentali ai palazzi di sapore viennese del centro. (Da: www.triesteallnews.it/2021/06/le-case-italianissime-di-trieste-costruite-da-un-mercante-armeno)



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